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strategie per combattere la solitudine e l'isolamento delle persone anziane

Solitudine ed isolamento sociale nelle persone anziane: possibili strategie per prevenirle

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La solitudine, espressione di un sentimento soggettivo di non avere nessuno accanto, e l’isolamento sociale, derivato dalla mancanza di comunicazione e di contatto con altri individui e con la società, sono problemi sottovalutati nella popolazione anziana. In realtà sono in continuo aumento nelle società occidentali e particolarmente in Italia soprattutto dopo la recente pandemia.

Nel nostro paese vivono circa 7 milioni di persone con più di 75 anni. Di questi si stima che almeno il 20% (1) cioè 1,4 milioni soffrano di problemi legati all’isolamento ed alla solitudine, ovviamente con differenze notevoli tra il Nord e il Sud e fra campagna e città.

L’isolamento e la solitudine nella persona anziana producono gravi conseguenze, non solo psicologiche (depressione, ansia, disturbi della memoria) ma anche cliniche. Chi vive solo corre infatti una maggiore probabilità di ammalarsi. Il rischio di sviluppare una forma di demenza raddoppia negli anziani che soffrono di isolamento e solitudine (2). Questa condizione correla anche, secondo questi studi, con altre patologie come l’ipertensione, e le malattie cardiovascolari.

Come si vede da questi pochi dati è molto importante ed urgente elaborare strategie ed esperienze che contrastino questo fenomeno. Le principali cause sono la modificazione del tessuto sociale dovuto al fenomeno dell’inurbamento, la perdita del coniuge e dei rapporti familiari ed amicali, la disabilità fisica, e la scarsità di risorse economiche.

Negli anni sono state realizzate numerose esperienze nel settore pubblico, in quello privato e nel volontariato. Va considerato, tuttavia, che solo a Roma, per fare un esempio, le persone ultrasettantacinquenni che necessiterebbero di assistenza domiciliare sociale e sanitaria sarebbero circa il 7% della popolazione urbana (34.800 circa su 498.000) (3) mentre in totale i servizi pubblici forniti da Comune ed ASL coprono soltanto un 20% del fabbisogno reale. Molto più diffusi e capillari risultano i Centri Anziani Sociali del Comune sparsi nei vari Municipi che ammontano a 138 unità. Inoltre, sono presenti 15 Centri Diurni per Anziani fragili e una decina di Centri Diurni dedicati ai malati di Alzheimer.

Emerge quindi un quadro generale di grandi bisogni insoddisfatti che molto spesso, non trovando soluzioni a livello domiciliare, devono necessariamente rivolgersi all’assistenza privata di una “badante”, alle tante “villette” private sparse nel nostro territorio o alle RSA.

Queste soluzioni molto spesso non risolvono il problema della solitudine. Basta visitare uno di questi luoghi per rendersi conto che si, nella migliore delle ipotesi gli anziani sono ben assistiti ma spesso queste strutture risultano inadeguate a rispondere alle domande di affetto, di amicizia di solidarietà che le persone hanno vissuto nella loro vita.

Frequentemente mi è capitato di ascoltare le richieste di queste persone anziane che si chiedono qual è ancora il senso della loro vita, per chi e per cosa vivere. È il dramma della persona anziana che si sente “vecchia”, messa da parte, ormai inutile e lontana dai suoi affetti familiari, spesso circondata da altre solitudini.

Molto più interessanti ed adeguate a rispondere a questi bisogni sono senz’altro i Centri Diurni, le case alloggio (purtroppo poche e quasi tutte private) e le esperienze di condomini protetti, case famiglia e “co-housing.

 

I Centri Diurni rappresentano una risorsa molto importante che permette di mantenere la persona anziana nel suo ambiente abituale ma, nel contempo, grazie alle molteplici attività che vengono svolte, riesce a contrastare efficacemente l’isolamento e la solitudine. Stesso dicasi per le case alloggio e il co-housing. Attraverso queste esperienze innovative gli anziani, unendo le proprie risorse, talora più che modeste, sono riusciti ad evitare un ricovero in istituto, a garantirsi la necessaria assistenza, continuando a vivere come desiderano.

Le convivenze rappresentano un’alternativa innovativa all’istituzionalizzazione e favoriscono, valorizzandole, le risorse informali del territorio. A questi ospiti sono offerti dei servizi comuni ed un sostegno nei problemi della vita quotidiana facendoli vivere in un contesto di relazioni interpersonali significative simili ad un ambito familiare. Gli ambienti sono arredati in modo non anonimo; gli ospiti sono incoraggiati a portarvi i loro mobili. L’assenza di barriere architettoniche e i tanti ausili aiutano a non perdere la propria autonomia.

Tuttavia, queste interessanti esperienze rimangono ancora marginali ed affidate spesso ad iniziative del privato sociale e del volontariato con uno scarso impegno ed interesse da parte del settore pubblico.

Ci auguriamo che, in futuro, queste esperienze “pilota” siano fortemente incrementate insieme ad un maggiore investimento nelle cure domiciliari anch’esse importantissime per superare la solitudine e l’isolamento degli anziani.

 

Paolo Cozzi Lepri
Educatore Professionale – Volontario del Centro Diurno Alberto Sordi

 

NOTE:

(1) Dichiarazione del Prof . Marco Trabucchi Presidente AIP nazionale

(2) un studio dell’Università di Boston

(3) Dati forniti dalla Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (LEA)

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