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La solitudine e la vulnerabilità delle famiglie nell’assistenza agli anziani

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L’allungamento della vita media e il conseguente invecchiamento della popolazione in tutti i paesi del mondo che hanno raggiunto un certo livello di benessere rappresentano ai nostri giorni una vera e propria sfida a livello demografico globale, perché si constata al tempo stesso un aumento delle vulnerabilità e la perdita di livelli di autonomia da parte degli anziani. 

 

Nel nostro sistema di protezione sociale si assiste a una sempre più considerevole chiamata in causa delle famiglie le quali, proprio per questo, stanno palesando difficoltà che le rendono soggetti vulnerabili. In assenza di soluzioni assistenziali e di vere e proprie filiere di presa in carico istituzionalizzate e capillari sul territorio, le famiglie hanno dovuto da sempre ideare soluzioni fai da te per l’assistenza agli anziani; la pandemia da Covid-19 ha evidenziato ancor più le loro difficoltà e la loro solitudine nello svolgimento di questo impegnativo compito di cura, spesso costringendole a scelte dolorose. 

 

Quello italiano, infatti, si conferma ancora come un modello di welfare di tipo familistico,  basato sull’implicita assunzione che la famiglia sia il cardine attorno al quale ancorare l’intervento collettivo a tutela e protezione dei soggetti più deboli; ciò finisce con l’innescare forme di caregiving estremamente pervasive. 

 

Accade, infatti, che a occuparsi di un familiare adulto non autosufficiente sia un’unica persona: il caregiver primario. Diversi studi hanno esaminato i problemi di cura concernenti la persona anziana non autosufficiente, essi presentano una realtà prevalentemente al femminile e un progressivo innalzamento dell’età media dei caregiver: di solito è una donna, che per di più si trova in quella che viene definita “età di mezzo”, cioè in un periodo della vita in cui le risorse psicofisiche a disposizione cominciano ad affievolirsi e che vede invece radicalizzarsi la molteplicità di ruoli caratterizzanti la realtà femminile anche in altre fasi dell’esistenza. 

 

Queste ricerche, inoltre, hanno messo in evidenza le difficoltà che incontrano i caregiver familiari e hanno colto le molteplici e contraddittorie sfaccettature del modo di percepire e significare la situazione da parte loro, tant’è che recentemente li si è inclusi tra le figure vulnerabili in età adulta di cui prendersi cura. 

 

Il tema del famigliare caregiver di un anziano non autosufficiente o parzialmente autosufficiente esige un suo inquadramento all’interno di una prospettiva estesa a comprendere le politiche socio-assistenziali che tengano conto altresì dei suoi svariati bisogni di formazione alla cura –  intesa non solo come educazione alla cura dell’altro ma anche alla cura di sé –  come pure della necessità di un cambiamento migliorativo dei servizi offerti creando o ampliando la rete dei servizi pubblici sul territorio e  potenziando l’impiego di tutte quelle tecnologie e-health e di monitoring che facilitano le cure al domicilio e l’aging in place.

 

Per un approfondimento si veda questo documento 

 

Articolo a cura di Maddalena Pennacchini

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