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L’importanza della vita sociale nella terza età

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L’11 luglio è la Giornata Mondiale della Popolazione. A causa della scarsa natalità e scarso miglioramento della qualità di vita, sono cresciute le attenzioni verso i bisogni delle persone nella delicata fase sociale della terza età.

L’Italia è notoriamente uno dei Paesi con il più alto indice di invecchiamento.

Nel 2018, il Congresso Nazionale della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), per effetto dell’allungamento di vita media ha definito “terza età” come la fase di vita dai 65 anni in su, caratterizzata da buone condizioni di salute, inserimento sociale e disponibilità di risorse.

Questi vengono definiti “giovani anziani”.

La vita dei giovani anziani può essere appagante e soddisfacente quando la persona cerca di mantenere una quotidianità attiva che includa socialità con parenti, conoscenti e persone di fiducia.

Le relazioni umane fanno bene a qualsiasi età, ma in particolare dai 65 anni in poi diventano fondamentali, in quanto i ritmi quotidiani cambiano e l’impegno sociale, così come il ruolo familiare, inizia ad alleggerirsi.

La terza età può essere un periodo della vita in cui si possono assaporare con più calma e consapevolezza gli affetti, dedicandosi alle proprie passioni e riscoprendo nuove abitudini in compagnia, questo purché si dedichi tempo e spazio al mantenimento di una socialità costante e soddisfacente.

In particolare, i giovani anziani dispongono di esperienze professionali e relazionali che, messe al servizio dei più giovani diventano un importante patrimonio da condividere.

Mettere in moto e valorizzare le loro potenzialità, significa creare uno scambio tra generazioni che arricchisce entrambi: se da una parte permette ai giovani anziani di coltivare una rete sociale attiva che contribuisce a mantenere alta la loro qualità di vita, dall’altra permette alle nuove generazioni di acquisire una migliore comprensione della vita.

Alcuni studi, infatti, dimostrano che i giovani considerano le persone più anziane come custodi della memoria collettiva, interpreti privilegiati di ideali e valori importanti che governano la vita sociale e guidano la loro crescita.

Solo se le capacità degli anziani fossero riconosciute e valorizzate e se si sviluppassero opportunità per facilitarne l’applicazione, la solidarietà intergenerazionale potrebbe essere promossa e maggiormente raggiunta.

Articolo a cura di Elisa Conti – Infermiera del Centro di Cure Palliative Insieme nella Cura – Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico.

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