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LINGUA DEI SEGNI

23 settembre, Giornata internazionale della lingua dei segni

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Il 23 settembre è una data molto speciale: in tutto il mondo si celebra la Giornata internazionale della lingua dei segni. Non è data scelta a caso, perché si tratta dell’anniversario della nascita della federazione dei Sordi (Wfd), organizzazione nata nel 1951 a Roma per promuovere i diritti delle persone sorde e la loro inclusione sociale.

La sordità ha vari aspetti, anche dal punto di vista strettamente medico: ci sono persone nate senza la facoltà uditiva (i cosiddetti “sordi nativi” o affetti da sordità profonda), persona con grave deficit dell’udito (ma che comunque hanno una certa percezione di rumori e suoni) e persone che sono diventate sorde progressivamente o rapidamente, in seguito a malattie o semplicemente per un problema legato all’età senile.

È evidente che la condizione di una persona è molto diversa se si trova ad essere da sempre priva dell’udito o se lo ha perso ad un certo punto della propria vita.

I sordi nativi non hanno mai avuto la percezione del suono, quindi dall’infanzia si relazionano con l’ambiente e le persone in un modo difficilmente comprensibile per gli udenti: la necessità di comunicare trova vie espressive differenti, tra cui la “lingua dei segni” che non è una semplice traduzione letterale delle parole usate da chi è udente, ma un modo molto diverso di pensare e esprimersi.

È stato verificato che un bambino sordo comincia spontaneamente a “segnare” per comunicare con i familiari e i coetanei, creandosi un linguaggio personalizzato che consente di sviluppare le capacità intellettuali e relazionali. Di qui che si possa parlare di una cultura propria delle comunità non udenti, in cui gli aspetti visivi sono molto importanti.

Il neurologo Oliver Sacks, autore di molti studi di grande rilevanza e di alcuni best sellers (ricordiamo tra tutti “Risvegli” da cui fu tratto l’omonimo film) ha indagato da vari punti di vista il mondo dei sordi e nella prefazione al suo libro “Vedere voci” scrive: “scoprii un’altra dimensione, un altro universo di considerazioni, non biologiche, ma culturali”.

Molte delle persone sorde che conobbi avevano acquisito non solo la capacità di esprimersi con disinvoltura, ma anche una lingua completamente diversa, una lingua che non solo era al servizio delle facoltà del pensiero (anzi, permetteva un pensiero e una percezione di un tipo non del tutto immaginabile dall’udente), ma che serviva come mezzo di comunicazione di una ricca comunità e cultura.

Pur non dimenticando mai lo status medico dei sordi, dovevo ora vederli in una luce nuova, etnica, come un popolo dotato di un linguaggio suo proprio, di una sua sensibilità, di una sua cultura.”

Negli USA la Gallaudet University è stata la prima università a proporsi come centro di formazione per persone sorde e con deficit uditivi ed è tuttora un centro di primaria importanza con programmi formativi studiati ad hoc per permettere agli studenti sordi di ottenere un ottimo livello di formazione e di conseguenza di inserirsi efficacemente nella società e nell’ambiente lavorativo.

Tuttora questa università, nata nel 1816 come scuola per bambini sordi, tiene corsi in due lingue (lingua dei segni americana e inglese) e buona parte delle cariche accademiche (dal presidente ai presidi di facoltà) è occupata da persone sorde; anche a gran parte degli studenti è sorda o con gravi limitazioni uditive.

Questa Università è stata in prima linea nel movimento che ha portato a sostenere la formazione delle persone sorde, solo qualche decennio fa ritenute definitivamente menomate e impossibilitate a raggiungere uno sviluppo intellettuale normale e quindi relegate in una condizione di handicap sociale.

In Italia viene comunemente utilizzata la LIS, Lingua Italiana dei Segni; in questa forma di comunicazione ha importanza non solo il movimento delle mani, ma tutto l’atteggiamento della persona che “parla” e l’utilizzo dello spazio circostante.

La lingua dei segni è una lingua “tridimensionale”, di un linguaggio visivo: hanno importanza, infatti,  il punto nello spazio dove viene eseguito il segno; la configurazione, quindi la forma che le mani assumono nell’eseguirlo; l’orientamento del palmo e delle dita della mano rispetto al segnante e il movimento della mano nell’eseguire il medesimo segno.

Ovviamente anche la mimica facciale ha il suo peso nella lingua dei segni (sguardo, atteggiamento delle labbra, espressione del viso).

Da alcuni anni la comunità sorda ha ottenuto una maggiore visibilità ed inclusione: è ormai abbastanza comune trovare intepreti che traducono nella lingua dei segni durante le sessioni di un congresso o durante un evento pubblico o una celebrazione religiosa importante.

La RAI mette in onda quotidianamente dei notiziari nella lingua dei segni italiana, ad esempio, e in alcune strutture pubbliche sono presenti interpreti per la lingua dei segni a disposizione degli utenti con difficoltà uditive.

Articolo a cura della Prof.ssa Rossana Alloni – membro del Comitato Direttivo Fondazione Alberto Sordi r.alloni@fondazionealbertosordi.it

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